Commento del vangelo delle letture della II domenica ordinaria

Nella Prima Lettura incontriamo la figura del grande profeta dell’Antico Testamento Samuele. Il profeta che avrà il privilegio di scegliere Davide e ungerlo come Re di Israele. Samuele è un bambino che sua madre ha donato al tempio come ringraziamento per aver avuto il dono della maternità. Samuele sa ancora poco di Dio ma Dio lo conosce bene e lo ha scelto per fare di lui un grande profeta e lo chiama: Samuele, Samuele. IL bambino non capisce ma il sacerdote a cui è stato affidato dalla madre comprende che Dio si è manifestato a lui e lo istruisce su come rispondere alla chiamata: Parla perché il tuo servo ti ascolta!

La chiamata perché vada a buon fine ha bisogno di ascolto, Samuele ha ascoltato ed è divenuto un grande profeta, nel Vangelo che ci viene proposto questa seconda domenica del Tempo Ordinario abbiamo una serie di chiamate che hanno bisogno di essere ascoltate.

La prima chiamata non è diretta ma implicita nell’osservazione di Giovanni il Battista che indica lo sconosciuto che passa come “l’Agnello di Dio”. Un appellativo sconcertante, chi è che sceglie di essere agnello in un mondo di lupi, chi è che sceglie di essere sicuramente sbranato in un mondo assetato di sangue, di sopraffazione, di violenza? Questi interrogativi devono essere alla base della scelta di andare dietro a Gesù nel cuore dei due discepoli di Giovanni, inconsapevoli di essere stati chiamati nella profondità del cuore dallo sconosciuto che hanno visto indicato da Giovanni.

Gesù vedendo questi due che lo seguono fa la domanda centrale che è il messaggio che noi oggi dobbiamo accogliere e fare nostro: “Che cosa cercate?” anche noi di fronte a Gesù dobbiamo chiedercelo: Qual è la nostra meta, cosa vogliamo dalla vita, chi e cosa vogliamo essere. Oggi è il momento opportuno per domandarcelo di nuovo, come se non lo avessimo mai fatto perché Gesù è di fronte a noi e ce lo chiede con il suo Vangelo. I due rispondono alla domanda con un’altra domanda: “Dove dimori?”, sembra una domanda poco significativa ma non è la casa che interessa bensì la sua vita, il suo ambiente, i suoi interessi, è un modo indiretto per domandare “Chi sei?” Gesù però non risponde ma chiama: “Venite e vedrete!” Gesù non vuole dare semplicemente un’idea, un concetto della sua persona vuole dare un’esperienza, vuole dare la possibilità di un incontro che potrà essere un’apertura verso orizzonti più ampi, verso una vita diversa, verso un regno che non è di questo mondo. I due vanno e restano con lui tutto il giorno e tutto cambia nella loro vita tanto che ricordano anche l’ora in cui tutto questo è avvenuto: le quattro del pomeriggio. L’ora non è importante di per sé, se non perché da lì tutto è iniziato, tutto è cambiato, tutto ha finalmente preso senso e tutto viene  illuminato da una nuova luce che non sapevano esistesse. Una nuova nascita che porta a pensare e fare cose nuove.

Nei due discepoli di Giovanni, che ora sono discepoli di Gesù, l’incontro ha dato una gioia purissima e profonda che non può essere tenuta per sé, deve essere comunicata, deve essere donata. Andrea, uno dei due, incontra Simone suo fratello e con nessuna incertezza comunica: “Abbiamo trovato il Messia!”. Simone, travolto dall’entusiasmo del fratello, si trova di fronte a Gesù che, non solo lo chiama, ma manifesta chiaramente che su di lui un progetto ben preciso che sarà di fondamentale importanza per la costruzione del suo Regno. Gesù fissa lo sguardo su di lui, cioè lo guarda nella sua profondità, nel suo cuore e riconosce in lui lo strumento fondamentale della sua azione nel mondo: lui e i suoi successori saranno la pietra su cui poggiare la vita spirituale del nuovo popolo di Dio, il popolo dei battezzati, dei figli di Dio, delle creature nuovamente amiche del proprio creatore. Il cambiamento del nome indica proprio la consacrazione che Gesù fa di Simone a sé stesso e al suo disegno di rinnovamento dell’umanità e del mondo intero.

Don Marcello Franceschi

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